Dati trapelati rivelano che il colosso bancario svizzero Credit Suisse ha gestito per decenni i beni di criminali di tutto il mondo. Swiss Secrets” conferma la reputazione della piazza finanziaria elvetica come un rifugio per il denaro sporco degli oligarchi del mondo, dei politici corrotti e dei signori della droga.

Credit Suisse, la seconda più grande banca svizzera dopo UBS, è un attore globale del settore finanziario. È la 41° banca più grande del mondo, la 5° in termini di gestione patrimoniale. È quindi chiaramente considerata una banca “d’importanza sistemica”. Il pericolo che questo scandalo rappresenta per l’intero settore bancario svizzero è stato chiaramente visibile in borsa il giorno dopo la pubblicazione dei “Suisse Secrets”. Le azioni delle banche elvetiche sono scese molto più di quelle di altre istituzioni finanziarie europee, anch’esse colpite dalla crisi ucraina.

Le rivelazioni sono tanto più significative perché la fuga di dati, che riguarda 30.000 conti, rappresenta solo una frazione dei 1,5 milioni di conti di Credit Suisse. Ma include già clienti bancari di 160 nazionalità diverse. Questo dimostra chiaramente che i ricchi e i potenti del mondo – anche se a volte si scontrano temporaneamente – hanno un interesse comune. Vale a dire fare tutto ciò che è legale e illegale per accumulare denaro, evitare di pagare le tasse e massimizzare i loro profitti.

In Svizzera, la cosiddetta legge sulla censura sta gia avendo delle conseguenze. Questa legge è stata elaborata nel 2014, in un momento in cui il segreto bancario svizzero stava per cadere. Quest’ultima stabilisce, tra l’altro, che i giornalisti possono essere perseguiti con una pena detentiva fino a tre anni se pubblicano dati che hanno ottenuto su individui colpevoli di aver violato il segreto bancario. Gli “Swiss Secrets” sono stati pubblicati da una rete di giornalisti di più di 40 paesi, ma senza il coinvolgimento della Svizzera. Con queste rivelazioni, è ormai chiaro a tutti che il parlamento e lo stato borghese difendono gli interessi criminali dei banchieri.

Nella stessa settimana in cui sono apparsi gli “Suisse Secrets”, Putin ha fatto marciare le sue truppe in Ucraina. La Svizzera è sotto pressione per sostenere le sanzioni dell’UE contro il regime di Putin. Tuttavia, il governo svizzero invoca la “neutralità svizzera” e cerca disperatamente di trovare delle scappatoie. Per esempio, permettedo agli oligarchi russi di continuare ad utilizzare i loro conti bancari in Svizzera. La situazione rivela ancora una volta che, sotto la copertura della “neutralità”, si fanno buoni affari con tutti gli imperialisti e tutti i regimi. Circa l’80% del commercio russo di materie prime passa attraverso le piazze finanziarie svizzere di Ginevra, Zugo, Lugano e Zurigo. D’altra parte, fanno allegramente affari negli Stati Uniti, nell’UE e naturalmente anche in Ucraina, dove i capitalisti svizzeri godono di un clima economico favorevole sotto il governo reazionario di Maya dal 2014. Negli ultimi anni, la Svizzera è diventata il quarto più grande investitore in Ucraina. Questo è il significato della neutralità: è il modo in cui l’imperialismo svizzero difende i suoi interessi a livello internazionale. Si equilibra tra i grandi blocchi e aumenta la sua ricchezza sfruttando al massimo la classe operaia mondiale.

Gli “Suisse Secrets” e la guerra in Ucraina mostrano ancora una volta la necessità di nazionalizzare le banche. Nessuna legge, nessuna sanzione può impedire la corruzione e la guerra. L’espropriazione delle banche sotto il controllo democratico della classe operaia è l’unico modo per controllare i flussi finanziari nell’interesse della grande maggioranza della popolazione mondiale.

L’unica mela marcia?

È abbondantemente chiaro che Credit Suisse non è una mela marcia isolata nel business finanziario. Negli ultimi mesi e anni, tutte le grandi banche svizzere sono state associate ad attività illegali: che si tratti di evasione fiscale da parte di capitalisti francesi (UBS), di accordi con la corrotta élite venezuelana (Julius Bär) o di una rete globale di riciclaggio di denaro (HSBC), le banche in Svizzera si sono sporcate le mani ovunque.

Allo stesso modo, queste attività bancarie non sono limitate alla Svizzera. La giornalista finanziario Myret Zaki spiega giustamente: “Il riciclaggio di denaro è un’operazione gigantesca che coinvolge importi infinitamente superiori a quelli che la Svizzera può ospitare e che non sono ben controllati altrove”.

Gli “Suisse Secrets” sono quindi perfettamente in linea con le grandi rivelazioni finanziarie degli ultimi anni, come i Panama Papers, gli Swiss Leaks o i Pandora Papers. Ancora una volta, diventa chiaro che la classe dirigente mondiale possiede molto più denaro di quanto ne dichiara apertamente. La disuguaglianza globale ufficiale è già estrema: la ricchezza dei più ricchi è raddoppiata durante la pandemia, mentre il 99% dei redditi globali è sceso. Ma rivelazioni come i Panama Papers e ora gli Swiss Secrets mostrano che i più ricchi stanno ancora nascondendo molto più denaro di quello che sappiamo. La disuguaglianza globale è ancora una volta massicciamente più alta di quanto si pensasse.

Ma alla fine, tutti questi scandali non fanno che confermare quello che già sappiamo: l’1% globale evade le tasse e frega il resto del mondo.

Il famoso segreto bancario e l’imperialismo svizzero

Credit Suisse e tutti gli altri borghesi vogliono farci credere che le rivelazioni di “Swiss Secrets” non siano più di attualità. Fingono che le banche svizzere siano pulite dopo la caduta formale del famoso segreto bancario svizzero.

È vero il contrario: “Suisse Secrets” rivela niente meno che la natura estremamente parassitaria della piazza finanziaria svizzera e, più in generale, dell’imperialismo svizzero. E ciò è vero che si parli del passato o del presente.

In effetti, le banche svizzere sono attualmente imbrigliate nel loro passato oscuro. Come disse il filosofo francese Voltaire nel 18° secolo: “Se vedete un banchiere svizzero che si butta dalla finestra, saltategli dietro: potete essere sicuri che c’è da guadagnarci qualcosa.

Storicament la piazza finanziaria svizzera si è costruita sugli affari criminali. Il commercio globale di schiavi nel primo capitalismo è stato finanziato da banchieri svizzeri a Ginevra, Basilea e Zurigo fino al XIX secolo. La famiglia di Alfred Escher, il fondatore della banca Credit Suisse, ha costruito la sua fortuna nelle piantagioni di schiavi cubani. Gli “Suisse Secrets” collocano quindi il Credit Suisse nella sua tradizione sanguinaria.

Il segreto bancario svizzero – il divieto di rivelare i dati dei clienti delle banche – ha una lunga storia ed è stato finalmente sancito dalla legge nel 1934. L’obiettivo era quello di rafforzare le banche svizzere nella loro disciplina principale, la gestione patrimoniale. Questo mostra chiaramente il ruolo dello stato borghese in Svizzera come guardiano del segreto bancario svizzero e protettore del centro bancario: per quasi un secolo, la Svizzera ha avuto una legge che è stata deliberatamente progettata per consentire alle banche svizzere di praticare il riciclaggio di denaro e l’evasione fiscale per conto di criminali in tutto il mondo. Lo stato non è un’entità neutrale, è legato indissolubilemente alla classe capitalista.

In breve, l’ascesa della Svizzera per diventare la prima piazza finanziaria del mondo si basa in gran parte sulla nicchia parassitaria della gestione patrimoniale, protetta dallo stato borghese e dal segreto bancario.

Ma possiamo capire la vera importanza della piazza bancaria svizzera solo se la collochiamo nel contesto del capitalismo svizzero in generale. Il capitale svizzero, in un piccolo paese senza sbocco sul mare, è stato costretto presto a guardare all’estero e a specializzarsi in nicchie di mercato. Intorno al 1913, quando il capitalismo globale era già entrato nella sua fase imperialista, la Svizzera aveva il maggior numero di grandi multinazionali pro capite e il maggior numero di investimenti diretti esteri. Ancora oggi, il capitale svizzero è il leader mondiale in alcuni settori altamente specializzati (ad esempio l’industria farmaceutica, l’industria meccanica, le assicurazioni o, appunto, la gestione patrimoniale). Grazie alla “fusione del capitale finanziario e industriale” (Lenin), il centro finanziario ha giocato un ruolo di primo piano in questi processi.

In breve, la piazza finanziaria svizzera gioca un ruolo parasittario ed è un fattore décisvio per faire della Svizzera uno dei più ricchi in termine di capitale per numero di abitanti al mondo.

La caduta del segreto bancario

Ma nulla dura per sempre, nemmeno le tradizionali istituzioni finanziarie svizzere. In effetti, la piazza bancaria svizzera è in profonda crisi. Nell’ultimo decennio, la quota delle banche nel PIL svizzero è scesa dal 13% all’8,5%. Anche i profitti e i prezzi delle azioni delle due grandi banche UBS e Credit Suisse sono caduti massicciamente dal 2008.

La crisi finanziaria del 2008 è stata un’esperienza quasi mortale per le banche svizzere. UBS ha dovuto essere salvata per 60 miliardi di franchi dallo Stato svizzero. La crisi finanziaria ha messo in evidenza il fatto che le grandi banche svizzere non si sono limitate alla gestione patrimoniale, ma partecipano al rischioso business dell’investment banking già dagli anni ’90. Questo li ha resi nemici potenti, poiché questo è il territorio delle grandi banche americane.

Il settore bancario americano ha brutalmente sfruttato la debolezza della piazza finanziaria svizzera dopo la crisi del 2008. Gli Stati Uniti hanno minacciato l’UBS con una denuncia penale per complicità nell’evasione fiscale. Questo attacco alla piazza bancaria svizzera si inserisce nella campagna globale contro i paradisi fiscali condotta dalle grandi potenze (soprattutto USA e UE) a partire dagli anni ’90. Il segreto bancario svizzero, e quindi il cuore del centro bancario, è stato attaccato frontalmente.

Lo stato borghese si mise subito a proteggere il suo bambino d’oro. Il governo svizzero ha combattuto con le unghie e con i denti per preservare il segreto bancario. Nel marzo 2008, il ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz disse coraggiosamente all’UE e agli USA: “Vi prenderete ancora a calci per questo segreto bancario. Ma alla fine, la Svizzera ha dovuto ammettere la sconfitta per mano delle grandi potenze. Le banche svizzere sono state costrette a pagare multe enormi e a consegnare migliaia di dati di clienti. Alla fine del 2009, UBS aveva perso il 30% del suo patrimonio in gestione.

La fine del segreto bancario legale era così suggellata, almeno per i clienti all’estero. Nel 2014, la Svizzera ha finalmente aderito alla dichiarazione dell’OCSE sullo scambio automatico di informazioni (SAI) in materia fiscale. Lo SAI è entrato in vigore nel 2017. Da allora, le banche svizzere sono tenute a raccogliere informazioni finanziarie sui loro clienti e, se necessario, a trasmetterle alle autorità fiscali di alcuni paesi.

Gli “Suisse Secrets” sono storia passata?

Ma la fine formale del segreto bancario non significa che la corruzione, il riciclaggio di denaro e l’evasione fiscale siano una cosa del passato. Al contrario: poiché le banche svizzere sono ormai in balia della concorrenza internazionale, sono costrette ad assumere rischi sempre maggiori.

L’attenzione si concentra in particolare sui “mercati emergenti”. Questi paesi hanno grandi disuguaglianze di ricchezza e di reddito. Queste grandi e nuove fortune sono redditizie, ma i clienti sono più rischiosi: gli scandali politici e il riciclaggio di denaro sono più spesso un problema. Questo è ciò che gli”Suisse Secrets” ci rivelano. Un numero particolarmente elevato di clienti della fuga di dati del Credit Suisse proviene da paesi in via di sviluppo ed emergenti. Mentre le popolazioni sono spesso esposte a condizioni di vita catastrofiche, le banche svizzere aiutano le élite locali a trafugare i capitali da questi paesi. Questo dimostra che la piazza bancaria svizzera non ha perso nulla del suo carattere parassitario.

Negli ultimi 20 anni, i banchieri svizzeri hanno spesso fatto grandi promesse sulla loro trasparenza e sul loro dovere di diligenza. In effetti, alcune disposizioni legali sono state introdotte, soprattutto dopo il 2014, rendendo più difficile l’attività delle banche svizzere.

Ma come dice un detto popolare svizzero, si impara a risparmiare dai ricchi! I capitalisti e di despoti trovano sempre il modo di nascondere la loro ricchezza ed aumentare i loro profitti.

L’accordo SAI pone una certa difficoltà. Ma allo stesso tempo, ci sono molti modi per aggirare lo scambio di informazioni. Per esempio, non esiste un accordo SAI con più di 90 paesi nel mondo. Gli “Swiss Secrets” rivelano, per esempio, che vengono rilasciati ai clienti certificati di domicilio da paesi senza accordo SAI. Oppure le banche svizzere operano nei paesi interessati attraverso una delle loro filiali. Credit Suisse, per esempio, ha filiali in più di 50 paesi, senza rivelare quali. E queste sono solo alcune delle molte scappatoie allo SAI.

L’ipocrisia dei banchieri e dei loro rappresentanti politici è evidente: mentre le banche svizzere mostrano una faccia pulita nei paesi interessati dall’SAI, in altri paesi fanno lo stesso gioco parassitario che fanno da secoli. Gli “Suisse Secrets” mostrano chiaramente che le attività criminali sono ancora oggi parte integrante della piazza finanziaria svizzera.

Il declino della piazza finanziaria svizzera

Con l’abolizione formale del segreto bancario, le banche svizzere hanno perso la loro posizione di quasi-monopolio nella gestione patrimoniale. La concorrenza internazionale si è intensificata in modo massiccio. Oggi, per lo stesso profitto, le banche svizzere devono gestire il 20% in più di attivi rispetto a prima del 2008.

Oggi vediamo il declino della piazza bancaria svizzera a tutti i livelli: dal 2009, il numero di banche straniere in Svizzera è sceso da 123 a 71. Nello stesso periodo, il settore ha perso quasi il 20% dei suoi dipendenti. Secondo la NZZ, un terzo delle banche private svizzere dovrebbe lasciare il mercato nei prossimi anni. Bernhard Brauhofer, uno dei maggiori esperti di reputazione aziendale, riassume bene la situazione: “Si può semplicemente vedere che la sicurezza e tutto ciò che la Svizzera rappresenta è stato davvero perso. Gli investitori e i risparmiatori lo percepiscono non solo in Svizzera, ma anche in altri paesi.

Anche se l’intero settore bancario svizzero è in crisi, non è una coincidenza che il più grande scandalo (finora) sia stato il “Suisse Secrets” al Credit Suisse. Mentre le due grandi banche svizzere sono state per molto tempo più o meno allo stesso livello, il profitto di UBS è ora più del doppio di quello di Credit Suisse. La banca tradizionale Credit Suisse è in fermento.

Gli ultimi mesi in particolare hanno visto una successione di shock: lo scorso marzo, la perdita di 5 miliardi di dollari (un profitto semestrale) nel rischiosissimo affare Archegos; a ottobre, una multa di 500 milioni di dollari per il suo coinvolgimento nello scandalo di corruzione dell’amministrazione del Mozambico; a dicembre, l’accusa di riciclaggio di denaro con trafficanti di droga bulgari; nel gennaio 2022, il presidente del consiglio di amministrazione Horta-Osório si dimette dopo soli 8 mesi, dopo che è stato rivelato che aveva violato due volte le regole di quarantena; all’inizio di febbraio, la banca cade in rosso, il dividendo è ridotto a 10 centesimi; e ora la devastante fuga di dati “Suisse Secrets”.

I “Suisse Secrets” espongono il declino generale della piazza finanziaria svizzera. La lunga catena del declino si è rotta sul suo anello più debole, Credit Suisse. Suisse Secrets” è un altro chiodo sulla bara di Credit Suisse, ma anche sulla bara dell’industria bancaria svizzera.

Il capitalismo svizzero in crisi

Il declino del settore finanziario è emblematico dell’evoluzione del capitalismo svizzero. Le banche svizzere rimangono i principali gestori patrimoniali del mondo, ma il loro vantaggio sulla concorrenza internazionale sta rapidamente diminuendo. Questo vale per il capitalismo svizzero nel suo insieme.

La Svizzera è probabilmente uno dei paesi capitalisti più stabili. Ma la sua base materiale si sta indebolendo in modo massiccio. Nella crisi globale del capitalismo, la concorrenza internazionale si sta chiaramente intensificando.

Le nicchie per il capitale svizzero si stanno restringendo, ed è sempre meno possibile trovare investiemente sicuri e redditizi sui mercati mondiali. La scomparsa del segreto bancario fa parte di questo processo. Ma vale per tutti i pilastri del capitalismo svizzero: il dumping fiscale della Svizzera è sotto attacco a livello internazionale, da ultimo attraverso la riforma fiscale dell’OCSE. In un rapporto di McKinsey, la borghesia svizzera si allarma del fatto che sempre meno grandi gruppi si insediano in Svizzera. Le relazioni con tutti i partner economici importanti sono in crisi. Il fallimento dei negoziati sull’accordo quadro con l’UE ne è un esempio. Di conseguenza, almeno i due terzi del commercio di prodotti industriali potrebbero avere grossi problemi nei prossimi anni.

In effetti, il capitalismo svizzero è in declino relativo. Nel 1970, la performance economica pro capite in Svizzera era del 110% superiore alla media OCSE e oggi è ancora del 57%. Dal 1990, la produttività del lavoro in Svizzera è cresciuta più lentamente che nella maggior parte dei paesi dell’OCSE, per esempio il 22% in meno che in Svezia. Questo significa che i lavoratori devono pagarne il prezzo, perché le condizioni di vita in Svizzera sono stagnanti da 25 anni. Anche in Svizzera, la borghesia ed i lavoratori non hanno interessi comuni.

La borghesia svizzera è in gran parte in balia della situazione internazionale. Difficilmente può far valere i propri interessi nelle crescenti tensioni tra i grandi blocchi. Ecco perché la classe dominante è sempre più costretta ad attaccare la classe operaia. I capitalisti svizzeri hanno urgente bisogno di riforme per migliorare le loro condizioni di profitto, almeno all’interno delle frontiere nazionali. Molti gravi attacchi sono già in cantiere: sulle pensioni, sul sistema fiscale, sull’orario di lavoro e sulle prestazioni sociali.

Alla fine, provocheranno solo la resistenza della classe operaia. La borghesia svizzera attacca l’equilibrio sociale. L’apparente eterna stabilità della Svizzera è definitivamente finita. L’impasse del capitalismo svizzero – uno dei paesi più ricchi e stabili del mondo – è un chiaro segno della profondità della crisi generale del sistema.

I compiti dei marxisti in Svizzera e nel mondo

La grande importanza degli “Suisse Secrets” sta nel fatto che rivelano l’ipocrisia della classe dirigente e la natura del sistema capitalista. Gli anni successivi alla crisi del 2008 sono stati sinonimo di stagnazione o deterioramento delle condizioni di vita della classe operaia. Negli ultimi due anni, la classe dominante ha chiesto un grande sacrificio alle masse lavoratrici con la sua politica di pandemia catastrofica. Allo stesso tempo, i ricchi stanno accumulando enormi fortune in tutto il mondo.

Come nel caso dei Panama Papers, fanno finta che questo sia legale. Oppure cercano di far sembrare la corruzione e il riciclaggio di denaro un male necessario. Nelle parole della NZZ: “Il denaro criminale cerca sempre la via di minor resistenza. Non sarà mai possibile impedire completamente che i fondi criminali raggiungano la piazza finanziaria svizzera.

Da un punto di vista capitalista, hanno persino ragione. Ma agli occhi delle masse, gli “Suisse Secrets” sono semplicemente abominevoli. È possibile che, come nel caso dei Panama Papers, la classe dirigente esca di nuovo indenne. Ma la radicalizzazione che ne deriva ricadrà prima o poi sulla classe dirigente.

La questione centrale non è in ogni caso se le azioni della piazza finanziaria siano legali o meno. La questione centrale non è se le azioni della piazza finanziaria siano legali o meno, ma piuttosto da dove vengono le enormi fortune e perché possono essere controllate da pochi individui. Sotto il capitalismo, è la classe operaia che crea tutta la ricchezza sociale. Ma i capitalisti la concentrano nelle loro avide mani e poi la nascondono nei loro conti bancari. Allo stesso tempo, ci dicono che non ci sono abbastanza soldi per la sanità o l’educazione. È così che funziona il capitalismo.

In questo senso, gli “Suisse Secrets” espongono anche il carattere dello stato borghese. Il segreto bancario era esplicitamente una legge per ricchi criminali e banchieri. La legge sulla censura del 2014 persegue penalmente coloro che vogliono denunciare tali affari. L’accordo SAI contiene importanti lacune. Lo stato borghese è uno strumento nelle mani della classe dominante. Ogni volta che i politici maliziosi parlano di nuovo di “regolamentazione del mercato finanziario”, lo stato agisce come un organo per gli interessi di tutta la borghesia.

La socialdemocrazia svizzera chiede ora l’abolizione della legge sulla censura. Naturalmente, questa legge è dannosa per la classe operaia internazionale. Ma farne l’unica rivendicazionne dopo gli “Suisse Secrets” suscita illusioni nello stato borghese e getta fumo negli occhi delle masse. In questo senso, anche la rivendicazione “Tassare i ricchi” non è all’altezza del compito. I capitalisti troveranno sempre modi legali e illegali per pagare meno tasse possibili.

Il dovere internazionalista dei marxisti in Svizzera è quello di lottare contro le banche e i governi che le difendono. Prima di tutto, il carattere parassitario delle banche svizzere deve essere nominato e smascherato: sono i gestori della ricchezza dei regimi corrotti di tutto il mondo. Depredano i frutti del lavoro della classe operaia internazionale. Questo significa anche che i lavoratori in Svizzera non hanno interessi comuni con l’imperialismo svizzero ed il centro bancario.

Noi marxisti in Svizzera non possiamo porci un obiettivo meno ambizioso che l’espropriazione delle banche, la restituzione del denaro ai lavoratori del mondo e la pianificazione democratica della ricchezza sociale sotto il controllo della classe operaia.

Dersu Heri

Per la redazione